Il ruolo dei genitori per una crescita equilibrata dei figli

il ruolo dei genitori

I genitori hanno un ruolo di primo piano per permettere la crescita equilibrata dei figli dal punto di vista emotivo, comportamentale e relazionale. Riuscire ad essere genitori competenti ed in grado di rispondere prontamente alle richieste ed esigenze dei figli è certamente un compito molto difficile e, senza dubbio, la maggiore sfida nella crescita dei figli che il ruolo di genitori richiede.

Le sfide da affrontare sono moltissime e richiedono un costante cambiamento, la qual cosa rende ancora più complesso il ruolo dei genitori, proprio perché le competenze da possedere, aumentano e si modificano nel corso della crescita dei figli. Ciò comporta che nel momento in cui il genitore raggiunge una certa abilità, propria della fase evolutiva che il figlio sta attraversando, accade che il figlio, entri in una nuova fase dove è necessario lo sviluppo di nuove competenze.

Ciascuna tappa della crescita, richiede, infatti, sempre una evoluzione del ruolo di genitore e, tale cambiamento aprirà la strada alla successiva tappa della crescita che il figlio dovrà affrontare.

Tra le maggiori competenze che un genitore deve possedere spiccano la flessibilità ed il dinamismo, che agiscono in sinergia.

Per flessibilità si intende la capacità di accettare e gestire i continui cambiamenti evolutivi, che può tradursi anche con l’adozione di stili educativi che assecondino la crescita che, quindi, cambino con il diversificarsi delle richieste e che tengano conto del carattere del figlio.

Come vedremo, un genitore di un bambino in età prescolare dovrà svolgere funzioni diverse da un genitore di un adolescente e se tale ruolo non si modifica, genererà comportamenti che potranno portare a stalli evolutivi, conflitti generazionali, problemi comportamentali e psicologici.

Per dinamismo si intende riuscire velocemente ad adattarsi ai cambiamenti; il ruolo di genitore deve poter evolversi con la crescita dei figli, senza restare incastrato nella precedente fase evolutiva, quando le richieste mosse al genitore sono ormai cambiate. Qualora il ruolo genitoriale non cambiasse, il genitore rischierebbe di restare indietro e di non saper rispondere alle sfide evolutive che la crescita dei figli richiede.

Accanto ai cambiamenti dovuti alla crescita, abbiamo quelli dovuti alle fasi critiche che ciascun figlio vive, proprio nel passaggio da una tappa evolutiva all’altra, e che possono essere dovuti alle fragilità che ciascun bambino attraversa, oppure a momenti critici specifici di ciascuna storia personale o familiare.

Vediamo nel dettaglio quali sono i compiti che vengono richiesti in ciascuna fase evolutiva per mettere a fuoco come possa il genitore accompagnare i figli durante la loro crescita.

Il ruolo dei genitori con un figlio neonato

Durante questa primissima fase evolutiva il compito dei neogenitori consiste nel fornire le prime cure al neonato che sono basate quasi esclusivamente sulla soddisfazione dei bisogni primari: mangiare, dormire, pulizia ed accudimento emotivo.

Malgrado l’interazione con il bambino avvenga principalmente attraverso queste prime cure, comunque già si instaurano i primi aspetti legati alla relazione affettiva ed emotiva. I genitori, in particolare la madre, iniziano ad interpretare i bisogni del bambino ed a saper rispondere con prontezza alle sue primissime richieste, quasi esclusivamente legate al sostentamento ed alla crescita.

In questa fase il ruolo del genitore è certamente molto pratico. La difficoltà risiede nel fatto che il bambino, non essendo in grado di esprimere i propri bisogni con il linguaggio, usa varie intensità di pianto con cui esprime i propri bisogni primari ed emotivi. In relazione a ciò, una delle difficoltà maggiori che incontrano i neogenitori è senza dubbio riuscire ad interpretare il pianto del neonato perché non varia in virtù delle sue richieste, piuttosto rispetto all’intensità del suo bisogno. Di conseguenza maggiore sarà la fame più forte sarà il pianto, maggiore sarà il nervosismo del bambino per uno stato di malessere, più forte sarà la sua espressione del bisogno attraverso il pianto.

La risposta dei genitori, centrata sull’interpretazione di tali bisogni, sarà in grado di calmare il bambino e di generare uno stato di benessere nei genitori che, sentendosi adeguati a rispondere alle richieste del bambino, costruiscono la loro autostima e sicurezza come genitori competenti in questo delicatissimo nuovo ruolo.

Dalla sensazione di accudimento che vive il bambino, in relazione alla soddisfazione dei suoi bisogni primari, insieme con il benessere provato dai genitori per sentirsi adeguati nel loro compito di accudimento, si inizia a costruire la relazione affettiva ed emotiva che si svilupperà prontamente nelle altre fasi, basandosi, come vedremo, su bisogni diversi dalla soddisfazione legata all’accudimento, proprio perché le esigenze dei figli con la crescita diventeranno sempre meno primarie e maggiormente emotive.

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Il ruolo dei genitori nella prima infanzia dei figli

Nella fascia di età che va da uno a tre anni il bambino sviluppa la sua prima forma di autonomia che si manifesta principalmente attraverso l’esplorazione dell’ambiente circostante e con il gioco.

In questa prima parte dell’infanzia, con l’apprendimento del linguaggio, il bambino inizia ad esprimere i propri bisogni ed il rapporto con i genitori si modifica. I genitori non dovranno più interpretare le sue richieste, poiché la relazione diventa maggiormente articolata sul piano verbale. Le richieste del bambino iniziano ad essere indirizzate al soddisfacimento dei bisogni emotivi, oltre che ancora in larga parte primari.

In questa fascia d’età diventa fondamentale la costruzione di un dialogo relazionale e della comprensione dei bisogni emotivi del bambino. Si tratta di una fase in cui le richieste si fanno più articolate e comprendono il riconoscimento delle emozioni.

È una fase in cui è molto importante l’aspetto educativo, poiché le richieste devono essere mediate per poter essere soddisfatte in modo adeguato. Inizia qui, infatti, il processo di regolazione delle emozioni, che costituisce una delle principali sfide dell’età.

Il bambino, infatti, utilizza spesso il capriccio o il pianto per ottenere ciò che desidera o di cui sente il bisogno. Egli ha ancora molta difficoltà a tollerare la frustrazione ed i “no” dei genitori. Come conseguenza i genitori possono diventare eccessivamente rigidi oppure, al contrario troppo permissivi. Nel primo caso perché infastiditi dai comportamenti irrazionali dei figli, e quindi l’irrigidimento ha lo scopo esprimere la propria autorità sul bambino, mentre nel secondo caso i genitori diventano eccessivamente permissivi proprio poiché non riescono a contrastare le richieste ed accettare il senso di frustrazione del figlio.

La difficoltà è trovare un giusto equilibrio che permetta al bambino di percepire le proprie emozioni e di imparare a gestirle.

Il complesso meccanismo legato alla regolazione delle emozioni che inizia in questa fase evolutiva per completarsi alla fine dell’adolescenza, si struttura proprio dalla capacità dei genitori di mostrare ai figli come si gestiscono le emozioni usando, come esempio, sia il proprio comportamento che le risposte alle richieste dei figli.

Il ruolo dei genitori nell’età prescolare dei figli

Questa fase prescolare va dai tre ai cinque anni di vita, corrisponde con l’ingresso nella scuola dell’infanzia e segna anche l’inizio della cooperazione tra coetanei e dell’insegnamento delle prime abilità sociali. Il compito del genitore è di accompagnare il bambino nello sviluppo delle prime abilità sociali e di cooperazione.

Durante questa fase prosegue il percorso di riconoscimento ed elaborazione delle emozioni e nel frattempo si aggiunge il gioco sociale e la prima condivisione emotiva con i coetanei.

La capacità di tollerare la frustrazione, di posticipare un bisogno, di accettare le regole, di riconoscere l’altro come diverso da sé, sono alla base dello sviluppo dell’identità e della capacità di interazione sociale.

In questa fase il bambino è ancora molto autocentrato ed all’interno del proprio narcisismo primario, anche se si iniziano a porre le basi per la prima forma di empatia e l’altro inizia ad entrare nella sfera delle proprie percezioni.

Compito del genitore è di aiutare il bambino a comprendere e gestire il mondo che lo circonda, che si fa sempre più complesso, proprio poiché aumentano le richieste sociali. In questa fase il bambino deve imparare a mettersi in relazione con l’ambiente ed il genitore, come intermediario, favorisce questo delicato processo.

In questa fase possono ancora essere presenti atteggiamenti oppostivi che servono per esprimere i propri bisogni. Sono provocati da un senso di frustrazione e di difficoltà di accettare la situazione e sono legati ad una disregolazione emotiva ancora piuttosto presente.

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Il ruolo dei genitori nell’età scolare dei figli

L’ingresso nella scuola primaria costituisce una tappa dello sviluppo in cui si affinano le abilità sociali e si potenziano le abilità cognitive, stimolate ed accompagnate dagli studi scolastici.

In questa fase il genitore è ancora il maggiore interlocutore del bambino, insieme con gli insegnanti e le altre figure di accudimento che ruotano intorno alla sua vita.

Il genitore ha il compito di comprendere quanto il figlio sia in grado di gestire le emozioni e le relazioni con i pari, accompagnandolo a potenziare le sue competenze.

In questa fase diventa di primaria importanza l’apertura al dialogo che servirà per guidare il figlio verso i giusti comportamenti e per aprire la strada alla comunicazione che sarà indispensabile durante le fasi successive.

Il bambino avrà bisogno di sperimentare e conoscere sia il proprio comportamento che quello dei coetanei, per capire quale sia il giusto modo di stare in relazione e per sviluppare in modo adeguato la propria personalità.

Il ruolo del genitore è di poter essere la giusta guida che sappia interpretare e correggere con amorevolezza e pazienza i comportamenti disfunzionali del figlio e sappia spiegare a quest’ultimo come gestire le proprie emozioni e le relazioni che si fanno sempre più complesse.

In questa fase si supera il narcisismo primario ed inizia a svilupparsi l’intelligenza emotiva.

Il dialogo è la via maestra per entrare nel mondo del bambino che ora è in grado di esprimere i propri bisogni e di spiegare le difficoltà che prova. Il potenziamento di una comunicazione maggiormente articolata sul piano cognitivo ed emotivo sarà l’ingrediente principale per un rapporto equilibrato genitore-figlio, che inizia a strutturarsi in questa fase per solidificarsi nel tempo.

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Il ruolo dei genitori nella preadolescenza dei figli

Per preadolescenza consideriamo il periodo che va dagli undici ai tredici anni, che in Italia corrisponde con la frequenza nella scuola media.

Si tratta di una fase in cui avvengono importanti cambiamenti a livello somatico, ormonale ed emotivo e si entra nella pubertà.

Proprio in virtù di questi cambiamenti possiamo definirla come una delle fasi evolutive più difficili dal punto di vista psicologico; in quanto: mentre da una parte si lascia l’infanzia, dall’altra non si è ancora entrati nella vera e propria adolescenza.

In questa fase i ragazzi hanno livelli molto diversi di maturità e questo rende le relazioni sociali più difficili. Per quanto riguarda il ruolo dei genitori la difficoltà consiste nel rapportarsi con un figlio che non è più bambino ma neppure ancora un adolescente e, quindi, modulare la relazione e le sfide educative, considerando che le risposte possono essere talvolta congrue con l’età ed altre volte ancora piuttosto infantili.

Il tumulto emotivo che i ragazzi provano mette, talvolta, di nuovo in primo piano la difficoltà nella gestione e nel controllo delle proprie emozioni.

In questa fase è importante che i genitori sappiano monitorare i figli, dando l’avvio al processo di autonomizzazione che diventerà primario durante l’adolescenza.

Mantenere il dialogo e la relazione, che si erano costruiti durante il periodo precedente, è molto importante, proprio per evitare di arrivare in adolescenza sprovvisti degli strumenti necessari per completare il processo di autonomia e di maturazione.

I figli vorranno poter fare delle scelte autonome ma hanno ancora molto bisogno del sostegno e della certezza emotiva ed affettiva che la famiglia può dare. Lasciare che i preadolescenti sperimentino la loro autonomia, nelle aree in cui si mostrano più maturi e competenti, diventa molto importante in questa fase, poiché restituisce al figlio l’idea che di lui ci si possa fidare.

Per il ragazzo la stima del genitore serve per costruire la propria autostima ed una solida identità. La fiducia di un genitore è sempre la materia prima nella costruzione della sicurezza nei figli.

Il ruolo dei genitori nell’adolescenza dei figli

L’adolescenza è certamente la fase evolutiva che tutti i genitori maggiormente temono. Quella che viene considerata come la più grande sfida per un genitore. Certamente questo è il momento in cui gli errori compiuti nelle fasi precedenti diventano estremamente visibili. È un momento assai delicato della crescita.

Porre buone basi nelle fasi precedenti serve proprio per affrontare meglio l’adolescenza, che costituisce il primo vero passaggio nella fase adulta della vita.

Le discussioni con i figli sono molto spesso legate proprio alla ricerca di una maggiore autonomia. In questa fase è necessario per i genitori accompagnare i figli nella scoperta dell’indipendenza, qualora si mostrino maturi e responsabili nell’affrontare le loro situazioni di vita.

Se, invece, nonostante si sentano grandi, hanno ancora atteggiamenti piuttosto infantili ed immaturi, lasciare loro eccessiva autonomia rischia di diventare pericoloso, proprio poiché non hanno sviluppato le competenze necessarie per gestire al meglio loro stessi. In questi casi bisogna tenere il timone ben saldo, anche qualora i figli facciano resistenza e, come avviene nella fase prescolare, saper dire dei “no” motivandoli, è necessario per aiutarli a crescere ed a diventare responsabili.

Certamente un’educazione rigida crea distanza tra le generazioni e sopprime la possibilità di dialogo. Mentre un’educazione troppo flessibile rischia di diventare rinunciataria e lascia i figli in balia di loro stessi, dovendo esercitare delle competenze per crescere che non ancora possiedono.

Certamente parlare con i genitori per trovare dei compromessi che li aiutino ad ottenere ciò che desiderano permette loro di maturare e, nel contempo, sviluppare la propria indipendenza.

Se, invece, si mostrano maturi e responsabili è bene che si dia loro fiducia di poter sperimentare loro stessi, proprio perché la fiducia li aiuta a costruire la propria identità.

In questa fase il genitore non è più al centro della vita del figlio, anche se continua ad avere un ruolo centrale di guida e sostegno. Se si è costruita una relazione soddisfacente il figlio si rivolge ancora al genitore nel momento del bisogno emotivo o per avere chiarimenti su cosa sia giusto fare.

La maggiore sfida dell’adolescenza sono le prime relazionali affettive: la sperimentazione di relazioni non più solo amicali, ed il prendere le misure nei rapporti, diventa spesso fonte di errori relazionali e/o di sofferenza personale.

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Il ruolo dei genitori nella post-adolescenza dei figli

In questa fase il figlio si prepara a diventare un giovane adulto con una propria identità che completa la sua fase di formazione come individuo. Il ruolo del genitore è ormai libero dai compiti educativi che costituivano le fasi precedenti.

Il figlio ha ormai appreso le regole di comportamento e sociali, in questa fase si tratta piuttosto di affinare le proprie competenze e di trovare una collocazione personale e sociale nel mondo.

Il ruolo del genitore consiste nel non interrompere il dialogo intergenerazionale e nel riuscire a trovare una possibilità di scambio tra le generazioni che possa essere a beneficio di entrambi.

Il figlio potrà arricchirsi delle competenze ed esperienze che provengono dalle precedenti generazioni mentre i genitori aprirsi al “nuovo” che solo le nuove generazioni possono offrire. Può nascere da qui un rapporto soddisfacente per entrambi e ricco di contenuti, che può essere libero dalle regole educative e comportamentali che regolavano il rapporto nelle fasi precedenti.

Conclusioni

In conclusione, si può affermare che essere genitore è un compito che richiede grande flessibilità e capacità di adattamento, perché si tratta di un ruolo che cambia e si trasforma nelle varie fasi evolutive che i figli attraversano.

Essere genitori di un figlio che cresce richiede lo sviluppo di competenze diverse e che si modificano nel tempo con l’esigenza talvolta di abbandonare alcuni compiti che con la crescita del figlio si perdono.

Una delle maggiori sfide e difficoltà che il genitore deve affrontare è senza dubbio adeguare il proprio cambiamento alla crescita dei figli e diversificarlo anche a seconda del carattere e del temperamento di ciascun figlio.

Senza dubbio il ruolo dei genitori deve modificarsi più volte durante la crescita dei figli, poiché il genitore cresce insieme con il figlio ed è chiamato ad affrontare sfide sempre diverse.

Il ruolo del genitore è accompagnare nella crescita con passi avanti e, quando serve, ritorni indietro, anche perché la crescita non è mai un percorso lineare ma fatto di passi, talvolta inciampi e regressioni, specie quando il figlio è ancora piccolo. Tornare indietro può essere utile per consolidare ciò che si è acquisito.

I genitori non devono per questo spaventarsi ma adattarsi ai cambiamenti che le varie fasi evolutive richiedono. Solo in questo modo potranno stare sempre accanto ai figli ed accompagnarli nella loro crescita.

Una strategia vincente è farsi sempre domande su cosa il figlio stia affrontando in quel momento ed aiutarlo a trovare soluzioni evolutive. Un errore da evitare è di incanalarlo verso le proprie aspettative e dirigerlo verso di esse.

Le uniche aspettative che un genitore può esercitare sui figli sono quelle educative che possano renderlo un bravo cittadino, una persona educata e responsabile, in tutto il resto, invece, dovrà assecondarlo per aiutarlo a scoprire e conoscere meglio sé stesso.

Bibliografia:

  • Bowlby J. (1999). “Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento”. Raffaello Cortina Editore. Milano.
  • Bowlby J. (1996). “Costruzione e rottura dei legami affettivi”. Raffaello Cortina Editore. Milano.
  • Stern D.N. (1999). “Diario di un bambino. Da un mese a quattro anni il mondo visto da un bambino”. Mondatori. Roma.
  • Stern D.N.; Stern N.B.; Freeland A. (2017).  “Nascita di una madre. Come l’esperienza della maternità cambia una donna”.  Mondatori. Roma.

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